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Cristiana Capece Minutolo ha soli venticinque anni quando comprende che il destino ha riservato per lei il compito di prendersi cura dell’azienda agricola Cantalupi. Il nonno Francesco Del Balzo l’aveva comprata dopo la guerra. Un regalo e un investimento che arricchiva la dote di sua figlia Giovannella, la madre di Cristiana.

Sono gli anni ’80 del Novecento. Napoli, dove Cristiana è nata e cresciuta, è una città come sempre piena di contraddizioni ma colta, raffinata, in uno dei suoi periodi più vivaci dal punto di vista della produzione culturale, e lei appartiene a un’illustre e antica famiglia nobiliare che al suo interno annovera intellettuali, uomini di stato e uomini di chiesa, fra cui un cardinale che ha eletto tre papi e partecipato all’incoronazione dello zar Nicola II di Russia.

Sin da bambina trascorre le lunghe estati fra le tenute di Trani e Veglie, non immaginando mai che un giorno si occuperà della terra. Ma l’imprevedibile è sempre pronto a manifestarsi. Così quando si rende conto che l’azienda agricola in cui il nonno Francesco ha concentrato impegno e competenza, in cui ha immaginato e costruito un approccio moderno alla produzione agricola in un territorio economicamente rimasto indietro rischia di ripiegarsi su stessa, capisce che tocca a lei. Lascia Napoli e va a vivere a Veglie, nel Salento. Sono gli anni ’80. Si stima che l’ultima donna tarantata abbia fatto capolino davanti alla Chiesa di San Paolo a Galatina, dove si trova la cappella delle tarantate, nel 1991. Un altro mondo, specialmente per le donne, specialmente per lei. Ha 25 anni, due bellissimi occhi azzurri e nessuna conoscenza di viticoltura o di enologia.

Cristiana Capece Minutolo ha soli venticinque anni quando comprende che il destino ha riservato per lei il compito di prendersi cura dell’azienda agricola Cantalupi. Il nonno Francesco Del Balzo l’aveva comprata dopo la guerra. Un regalo e un investimento che arricchiva la dote di sua figlia Giovannella, la madre di Cristiana.

Sono gli anni ’80 del Novecento. Napoli, dove Cristiana è nata e cresciuta, è una città come sempre piena di contraddizioni ma colta, raffinata, in uno dei suoi periodi più vivaci dal punto di vista della produzione culturale, e lei appartiene a un’illustre e antica famiglia nobiliare che al suo interno annovera intellettuali, uomini di stato e uomini di chiesa, fra cui un cardinale che ha eletto tre papi e partecipato all’incoronazione dello zar Nicola II di Russia.

foto cristiana capece

Sin da bambina trascorre le lunghe estati fra le tenute di Trani e Veglie, non immaginando mai che un giorno si occuperà della terra. Ma l’imprevedibile è sempre pronto a manifestarsi. Così quando si rende conto che l’azienda agricola in cui il nonno Francesco ha concentrato impegno e competenza, in cui ha immaginato e costruito un approccio moderno alla produzione agricola in un territorio economicamente rimasto indietro rischia di ripiegarsi su stessa, capisce che tocca a lei. Lascia Napoli e va a a vivere a Veglie, nel Salento. Sono gli anni ’80. Si stima che l’ultima donna tarantata abbia fatto capolino davanti alla Chiesa di San Paolo a Galatina, dove si trova la cappella delle tarantate, nel 1991. Un altro mondo, specialmente per le donne, specialmente per lei. Ha 25 anni, due bellissimi occhi azzurri e nessuna conoscenza di viticoltura o di enologia.

Indossa gli stivali, impara a potare, a vendemmiare. A guidare il trattore e la motozappa. “Se vuoi insegnare, devi prima imparare”, le ricordava sempre il nonno, e così fa. I coloni pensano che non sia all’altezza e che non ce la farà mai. Dove si è mai vista una donna, per giunta giovane, in grado di condurre una grande tenuta agricola con mano ferma e piglio da comandante. Le donne, invece, la spìano da dietro la tenda, che nel Salento è una stuoia avvolgibile composta da bacchette di legno parallele tra loro. Protegge l’ingresso di casa dalle intemperie e favorisce sguardi indiscreti e pettegolezzi di paese.

Ce la farà. Si occuperà in prima persona di Cantalupi conquistando pian piano la fiducia dei collaboratori, trasformando l’azienda in un unico, grande e produttivo vigneto di Negroamaro.

Seguendo la visione del nonno, che parlando di vigna diceva: “Ricordatevi che qui dovete piantare solo Negroamaro”. Un vitigno autoctono, che qui e solo qui, con il Salento, l’ultima lingua di terra prima che l’Europa si tuffi nel Mediterraneo, ha trovato l’amore e lo esprime nel migliore dei modi, regalando vini straordinari.

Esattamente com’è accaduto per Cristiana, la ragazza che dopo aver salvato l’azienda di famiglia nella vigna ha trovato l’amore, incontrando e poi innamorandosi e sposando Mario Zecca, la cui vigna era dall’altro lato della bianca strada di campagna che separava le due proprietà. Da quell’unione Masseria Cantalupi è entrata a far parte dell’azienda agricola Conti Zecca, che da quelle uve ricava alcuni dei più importanti vini della sua produzione.

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